Info OSAS varie
Questa immagine riassume perfettamente la situazione attuale intorno all’OSAS, ovvero, tante discipline che pensano per sé, che pensano di avere ognuna di loro il diritto unico di parola e decisione su questa patologia, lavorando di conseguenza con i “paraocchi”, senza vedere né accorgersi di ciò che gli sta intorno.
Tutto ciò porta ad una situazione tale per cui il cittadino-paziente che si trova a dover affrontare il percorso diagnostico terapeutico, si scontra gioco forza con una confusione tale da incutergli paura, insicurezza, sensazione di smarrimento ed in molti casi, proprio per queste ragioni, non inizia nemmeno un percorso, né tanto meno una terapia.
Questa seconda immagine, mostra come dovrebbe essere il mondo dell’OSAS nel nostro Paese, una simbiosi, una collaborazione, un lavoro d’insieme tra tutte le specializzazioni che contribuiscono alla diagnosi, terapia, follow up, benessere e sicurezza per il paziente e per la comunità tutta.
Da alcuni anni ormai si discute in diverse sedi sulla multidisciplinarietà della patologia OSAS, cioè la Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno, e in molti convengono che questo sia l’unico traguardo possibile per il futuro lavoro e traguardi possibili da raggiungere.
Rimane però vero il fatto che sono ancora troppi coloro che pretendono di essere gli unici ad avere diritto di parola in questo campo, di dover decidere il belle e cattivo tempo, a cominciare dalla diagnostica sino alla scelta terapeutica per tutti coloro che ne soffrono.
Sono anche tanti coloro che “si sono riempiti la bocca” con le parole del Documento d’Intesa tra Stato e Regioni del 12 Maggio 2016, senza per altro far seguire fatti concreti e sono altre sì tanti coloro che parlano di programmi di prevenzione, di presa in carico del malato cronico, di medico diagnosticante e medico prescrittore, senza tenere conto che l’OSAS non è inserita nei nuovi LEA come malattia cronica e permanente, inficiando così tutte queste idee, che non possono essere realizzate per la caratteristica di malattia acuta e non cronica attuale che ha la patologia.
CFS, ovvero la Sindrome da Fatica Cronica
Per quanto riguarda i pazienti affetti da OSAS, in alcuni casi è stata rilevata la presenza di CFS (Chronic Fatigue Syndrome) e qui, con riferimento al sito dell’Associazione Malati CFS ONLUS, riportiamo alcune informazioni a riguardo.
La CFS è una malattia nuova?
La CFS è giunta all’attenzione del pubblico e dei mass-media americani a metà degli anni Ottanta in seguito a due epidemie, verificatesi rispettivamente nei pressi del lago Thaoe, nel Nevada e nella città di Lyndonville, stato di New York. In entrambi i casi, centinaia di persone in perfetta salute si ammalarono di una malattia molto simile all’influenza, che si protraeva per molto tempo ed era caratterizzata soprattutto da una stanchezza muscolare inspiegabile e da alterazioni intellettuali altrettanto misteriose. Due giovani medici del Nevada, Dan Peterson e Paul Cheney, capirono di trovarsi di fronte a qualcosa di nuovo, ad una malattia seria ma fino a quel momento sconosciuta, e segnalarono l’accaduto alle autorità sanitarie. Nel frattempo, in altre città degli Stati Uniti furono evidenziate piccole epidemie del tutto sovrapponibili a questa e i giornali americani cominciarono a usare la terminologia “yuppie flu” per descrivere questa malattia, in quanto la maggior parte dei sofferenti era rappresentata da giovani professionisti, tra i 25 e i 40 anni, fino a quel momento perfettamente sani. Ancora oggi, molte delle persone colpite sul lago Thaoe nel 1984 presentano i sintomi tipici della CFS.
Da quel momento, cominciarono anche a venir segnalati casi sporadici di questa forma, fino a che, nel 1988, un gruppo di medici che ne erano venuti a contatto si riunirono presso i CDC ad Atlanta e fu coniata la prima definizione di caso, pubblicata su “Annals of Internal Medicine” . Tornando indietro nel tempo, tuttavia, è facile rendersi conto che la CFS non è una malattia nuova. Già nel 1770, Richard Manningham descrisse una patologia post-infettiva, caratterizzata da aumento della temperatura corporea, stanchezza e dolorabilità muscolare ed osteoarticolare, che egli denominò “febbricula”, e durante la seconda metà dell’ottocento si parlò a lungo, nell’europa occidentale, di “neurastenia”, come condizione di esaurimento nervoso, caratterizzato da una stanchezza inspiegabile, sia fisica che mentale, anche dopo minimi sforzi, alla quale erano associati sintomi variegati, quali mal di testa, disturbi gastroenterici e disturbi soggettivi di ogni tipo. I medici del tempo consideravano la neurastenia come grave ed allarmante: era il prezzo da pagare per l’industrializzazione ed il conseguente carico di lavoro cui le nuove classi professionali erano sottoposte. Successivamente, il problema perse interesse in quanto patologia non risultava in alcun modo curabile, e questa definizione venne riservata a forme pseudo depressive e comunque nell’ambito psichiatrico. Anche le prime descrizioni di neurastenia, comunque, facevano riferimento ad una malattia febbrile, di natura infettiva.
Nel XX secolo, inoltre, sono state segnalate una gran quantità di epidemie inspiegabili, di supposta natura infettiva, che hanno sempre dato origine ad una forma cronica post-infettiva del tutto sovrapponibile a quella che oggi chiamiamo CFS, e che talvolta ha preso il nome di “disease of a thousand names”, poiché ad ognuna di queste descrizioni seguirono nomi e definizioni differenti. Per segnalarne alcune delle più famose: nel 1934 a Los Angeles, alla fine degli anni trenta in Svizzera e in Inghilterra (tutte e tre all’interno di ospedali), nel 1948 nella città di Akureiri, Islanda, e nello stesso anno ad Adelaide, Australia; nel 1950 a New York e nel 1955 a Londra (la famosa epidemia del Royal Free Hospital).
Da circa un decennio la CFS sta attraendo l’attenzione del mondo scientifico un po’ ovunque, in particolare nel Nord dell’Europa, negli Stati Uniti, in Australia ed in Giappone. Oggi circa 200-300 pubblicazioni scientifiche sulle riviste mediche internazionali riguardano, ogni anno, la CFS.
Per maggiori informazioni :
La RLS o Sindrome delle gambe senza riposo, è una condizione patologica a sè stante ma che può insorgere in concomitanza con un’OSA. Cerchiamo qui di spiegare cosa essa sia. (continua qui)
Pubblichiamo qui un lavoro dei dott.ri Magnavita e Garbarino sulle Alterazioni dell’attenzione e della vigilanza quali fattori di rischio infortunistico
Una medicina partecipativa, personalizzata, preventiva, predittiva: Charles Auffray, presidente della European Association for Systems Medicine, durante il primo forum promosso dai colleghi dell’Associazione Italiana di Medicina e Sanità Sistemica, ha tracciato uno scena-rio a “4 P”. Ma se la medicina partecipativa può realizzarsi nel momento in cui medico e paziente diventano “partner di cura”, le altre tre dimensioni non possono prescindere da una forte spinta alla ricerca scientifica. «Abbiamo chiesto all’Unione europea la transizione a nuovi modelli di analisi e a un quadro normativo che regoli in chiave di open science l’accesso ai dataset scientifici» ha dichiarato Auffray.
Dati di milioni di abitanti, che potrebbero essere incrociati per favorire cure personalizzate, preventive, predittive. Non è un caso che, in ambito internazionale, la Systems medicine sia all’incrocio tra biologia molecolare e dati comportamentali e ambientali: tre variabili da misurare per trovare la ricetta giusta della salute. Auffray ha partecipato al Progetto Genoma umano, che dal 1990 al 2003 ha impiegato i maggiori centri scientifici, specie del mondo anglosassone, per identificare e mappare l’insieme delle informazioni genetiche, variabili multiple comprese. Delle centinaia di migliaia di geni attesi, ne sono stati trovati circa 30.000, e solo il 2 % contiene la codificazione per le proteine. Gli altri che funzione hanno? Ogni genoma è unico: se si incrociassero i dati genetici con quelli relativi allo stile di vita, che impatto avrebbe quest’analisi sulla salute di ogni individuo?
Nel 2009, l’informatico Larry Lee Smarr, trasferitosi dall’Illinois alla California, ha cominciato a raccogliere ogni giorno dati sulla sua forma fisica attraverso dispositivi digitali di misurazione biomedica basati su sensori, e li ha condivisi con la comunità scientifica: è sta- to il primo caso di “Quantified Self”, persone che “quantificano” il proprio corpo attraverso la tecnologia. Se pensiamo al corpo come una macchina, la riflessione diventa: incidendo sugli input, quindi il cibo, ma anche la qualità dell’aria, è possibile controllare i propri stati come l’eccitazione attraverso i livelli di ossigeno nel sangue, per ottimizzare gli output, le proprie prestazioni fisiche e mentali. Auffray, che dirige l’European institute for systems biology and medicine di Lione, ha presentato il Vistera Project: dal 2014, e fino al 2039, i partecipanti allo studio, principalmente francesi, cinesi, statunitensi e indiani, si sottopongono a diverse analisi, dal sondaggio della personalità ai biomarker, dai prelievi del sangue alla sequenza genica per avere accesso a un piano personalizzato di salute e benessere che regoli, quindi, nutrizione, esercizio, sonno, gestione dello stress. I dati clinici verranno poi aggregati in forma anonima per continuare la ricerca.
In Italia, chi già possiede un archivio dati molto interessante anche per questi fini di medicina personalizzata e preventiva è il Cineca, il Consorzio interuniversitario nazionale per il calcolo automatico gestito dal Miur, a cui partecipano oggi 70 università e 6 enti di ricerca, che dal 1969 raccoglie le informazioni amministrative di milioni di italiani. Dentro il Cineca, dal 1986, è stato attivato l‘osservatorio Arno, che monitora online i dati delle prestazioni sanitarie erogate al singolo cittadino di 31 aziende sanitarie convenzionate al servizio, quasi 11 milioni di abitanti. Oltre alla potenza di calcolo necessaria per estrarre dall’archivio solo i dati utili, per trovarne le correlazioni è stata istituita Core, una struttura di ricerca in ambito sanitario che integra l’osservatorio con banche dati regionali, e ha come partner l’Associazione nazionale medici e cardiologi ospedalieri e la Società italiana diabetologia. Un uso possibile dei database, che incrocia l’interesse delle case farmaceutiche, è quello di capire, ad esempio, perché alcuni tipi di farmaci non vengono utilizzati quanto dovuto. Sugli alendronati per la cura dell’osteoporosi, l’analisi dei dati ha permesso di tracciare l’identikit di quel terzo di pazienti che abbandona la terapia, pubblicato in uno studio dell’aprile 2016: maschi, giovani, cardiopatici, depressi e che prendono altre pillole, quindi preferiscono tralasciare quelle contro l’osteroporosi il cui effetto non si vede subito e comporta effetti collaterali come nausea e mal di testa. Più è preciso il target, più dovrebbe essere efficace la terapia e la prevenzione delle patologie. «Questi dati Cineca però non sono accessibili al livello del paziente» precisa Sergio Pillon, coordinatore al ministero della Salute della commissione per lo sviluppo della telemedicina. La digitalizzazione della cartella clinica per rendere più accessibili i dati sia al paziente che al medico è alla base dell’istituzione del Fascicolo sanitario elettronico, introdotto nelle linee guida ministeriali nel 2010 e realizzato in alcune regioni: «Dovrebbe essere l’equivalente del Cdc, il Cassetto del comò – sorride Pillon – Il posto dove si tiene la cartella divisa per visite e analisi, quindi suddivisa per sottoinsiemi filtrati». Il processo attraverso il Fascicolo sanitario elettronico però non riesce ad essere equivalente: «Non è intuitivo, oltre i passaggi per l’autenticazione non c’è un buon filtraggio, quindi non risulta efficiente» chiosa Pillon. Un problema di interfaccia, quindi di comunicazione.
Fonte: Josephine Condemi
Giornalista. Stretto indispensabile e pendolarismo identitario. Si appassiona a stranezze come le persone, i libri, l’epistemologia della complessità, l’innovazione sociale, la direzione dello sguardo. @jcondemi
Introduzione:
Il termine disturbi respiratori del sonno comprende una serie di condizioni caratterizzate da respirazione anormale durante il sonno; in molti casi questa condizione è associata all’ostruzione o al restringimento delle vie aeree superiori(faringe).
I disordini del sonno variano dall’ostruzione parziale, intermittente delle vie aeree senza disturbi del sonno (russamento), fino a, all’altra estremità di gravità, apnee frequenti associate con ripetuti episodi di ipossiemia e risvegli che conducono alla destrutturazione del sonno e alla sonnolenza diurna. (continua qui)
La terapia con Apparecchi Dentali è indicata per pazienti con russamento semplice o apnea lieve che non rispondono o non sono candidati appropriati alle misure di comportamento come perdita di peso o cambiamento della posizione nel sonno; per pazienti con apnea ostruttiva moderata che siano intolleranti o rifiutino il trattamento CPAP o gli interventi chirurgici sia adeno-tonsillare che maxillo-facciale.
Nei casi di OSAS grave si deve inizialmente tentare di risolvere il problema con la terapia CPAP, che al momento è considerata la misura più efficace in tutto il mondo, e solo in caso di fallimento si può provare a passare ad un’altra terapia.
Come funzionano gli apparecchi dentali?
Questi apparecchi prevengono il russamento e l’apnea ostruttiva agendo direttamente sul meccanismo che li produce, spingendo la mandibola in avanti durante la notte. Questo spostamento trascina avanti anche la lingua, l’epiglottide e il velo del palato (l’ugola) e mantiene così aperte le vie aeree.Gli apparecchi dentali sono utili per tutti i pazienti?
L’efficacia di questi apparecchi dipende da diversi fattori: la gravità del disturbo del sonno, il peso corporeo, la conformazione dello scheletro facciale, l’anatomia delle vie aeree e la personale tolleranza di ogni paziente all’apparecchio.
Inoltre sono importanti la storia clinica (malattie in corso o pregresse), il fumo di sigaretta e il consumo di alcoolici.
Tutti questi fattori devono essere individuati con attenzione prima di iniziare qualsiasi terapia.
In genere, come spiegato più sopra, gli apparecchi dentali vengono prescritti per il russamento semplice o per forme lievi di OSAS.
L’uso degli apparecchi dentali è semplice, non invasivo, reversibile e poco costoso, e può continuare per tutta la vita.
La terapia funziona sempre?
Le percentuali di successo dipendono dai diversi fattori già descritti, ma per il russamento e l’apnea lieve si arriva sino al 90% di successi (russamento abolito o ridotto a livelli accettabili, mentre per le apnee si rimane nella fascia di quelle fisiologiche).
Chi può applicare gli apparecchi dentali?
E’ importante che vengano applicati da un dentista che ha una formazione specifica , perchè: è essenziale che venga ricercata la presenza di Apnea Ostruttiva del Sonno,prima di inserire dispositivi orali va fatta una valutazione completa dei denti, del parodonto ( gengiva e tessuti di sostegno del dente) e delle articolazioni della mandibola,la comparsa di eventuali effetti indesiderati va controllata con attenzione.
E’ fondamentale che il paziente che porta questi apparecchi venga visitato periodicamente e la posizione dei denti controllata e confrontata con i modelli della bocca realizzati ad inizio cura.
Tutti gli apparecchi destinati alla cura del russamento, agiscono portando avanti la mandibola durante la notte.
I dispositivi si differenziano tra loro per il tipo di meccanismo di avanzamento, la forma e il materiale. E’ possibile scegliere per ogni paziente il modello di apparecchio che garantisca la maggiore efficacia e la massima tollerabilità, considerando con attenzione le caratteristiche individuali.
L’uso dell’apparecchio dentale può creare dei problemi?
Grazie agli apparecchi di ultima generazione sono stati molto ridotti i disturbi transitori segnalati nel tempo quali salivazione abbondante, bocca secca,fastidio ai denti o ai muscoli masticatori, disturbi che spariscono comunque dopo le prime settimane d’uso.
I problemi a lungo termine sono rari.
Sono stati osservati cambiamenti della posizione della mandibola e piccoli spostamenti dei denti, cambiamenti di cui il paziente non ne è consapevole.
Ci sono delle controindicazioni?
Questi apparecchi non devono essere usati da pazienti che soffrono di epilessia mal controllata.
I pazienti devono avere denti in numero sufficiente a supportare l’apparecchio (di solito almeno 8-10 denti per arcata).
Chi utilizza l’apparecchio dentale non deve avere patologie gravi delle gengive e dei tessuti di sostegno dei denti (parodontite avanzata).
Elenco Dentisti Certificati:
Elenco Medici Odontoiatri certificati SIMSO
È possibile pensare all’esistenza di un disturbo del sonno quando il paziente lamenta un tempo di addormentamento superiore a 30 minuti, quando si risveglia durante la notte per più di 30 minuti e quando l’intero sonno dura meno di 6 ore e 30 minuti. (continua qui)
Apnee Ostruttive del Sonno
Le due immagini qui accanto, mostrano esattamente quale sia la situazione in presenza di un’apnea durante il sonno.
La faringe è la sede dell’ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno nell’OSAS. In generale un cambiamento patologico o una variante normale che restringa le vie aeree superiori da svegli predispone ad apnee o ipopnee ostruttive durante il sonno.
L’obesità è il singolo fattore predisponente più comune, tuttavia i pazienti con OSAS possono avere altri fattori che contribuiscono al restringimento delle vie aeree, come una lingua grossa, tonsille ingrandite, l’aumento del tessuto lasso in faringe o la mandibola retroposizionata (mandibola sfuggente) .
Durante l’inspirazione la pressione dell’aria in faringe è inferiore a quella atmosferica e le dimensioni del lume della faringe dipendono dall’equilibrio tra le forza di restringimento, che risulta dalla pressione di suzione e la forza dilatante, generata da piccoli muscoli inseriti sulle vie aeree superiori, che si contraggono durante ciascuna inspirazione e normalmente stabilizzano la parete molle della faringe.
All’inizio del sonno si verificano la riduzione dell’area del lume faringeo e la riduzione dell’attività dei muscoli delle vie aeree superiori, amplificate entrambe in caso di OSAS. Anche fattori legati alle mucose di superficie possono influenzare l’apertura delle vie aeree, soprattutto nei soggetti con le mucose infiammate a
causa di traumi ripetuti e dalla perdita di sensibilità che ne risulta. Ciascuna apnea o ipopnea termina con un risveglio, che si accompagna con l’aumento brusco della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa.
In molti individui l’aumento della pressione arteriosa persiste per giorni e si accompagna all’aumento del rischio di sviluppare patologia cardiovascolare e ictus.