CFS, ovvero la Sindrome da Fatica Cronica
Per quanto riguarda i pazienti affetti da OSAS, in alcuni casi è stata rilevata la presenza di CFS (Chronic Fatigue Syndrome) e qui, con riferimento al sito dell’Associazione Malati CFS ONLUS, riportiamo alcune informazioni a riguardo.
La CFS è una malattia nuova?
La CFS è giunta all’attenzione del pubblico e dei mass-media americani a metà degli anni Ottanta in seguito a due epidemie, verificatesi rispettivamente nei pressi del lago Thaoe, nel Nevada e nella città di Lyndonville, stato di New York. In entrambi i casi, centinaia di persone in perfetta salute si ammalarono di una malattia molto simile all’influenza, che si protraeva per molto tempo ed era caratterizzata soprattutto da una stanchezza muscolare inspiegabile e da alterazioni intellettuali altrettanto misteriose. Due giovani medici del Nevada, Dan Peterson e Paul Cheney, capirono di trovarsi di fronte a qualcosa di nuovo, ad una malattia seria ma fino a quel momento sconosciuta, e segnalarono l’accaduto alle autorità sanitarie. Nel frattempo, in altre città degli Stati Uniti furono evidenziate piccole epidemie del tutto sovrapponibili a questa e i giornali americani cominciarono a usare la terminologia “yuppie flu” per descrivere questa malattia, in quanto la maggior parte dei sofferenti era rappresentata da giovani professionisti, tra i 25 e i 40 anni, fino a quel momento perfettamente sani. Ancora oggi, molte delle persone colpite sul lago Thaoe nel 1984 presentano i sintomi tipici della CFS.
Da quel momento, cominciarono anche a venir segnalati casi sporadici di questa forma, fino a che, nel 1988, un gruppo di medici che ne erano venuti a contatto si riunirono presso i CDC ad Atlanta e fu coniata la prima definizione di caso, pubblicata su “Annals of Internal Medicine” . Tornando indietro nel tempo, tuttavia, è facile rendersi conto che la CFS non è una malattia nuova. Già nel 1770, Richard Manningham descrisse una patologia post-infettiva, caratterizzata da aumento della temperatura corporea, stanchezza e dolorabilità muscolare ed osteoarticolare, che egli denominò “febbricula”, e durante la seconda metà dell’ottocento si parlò a lungo, nell’europa occidentale, di “neurastenia”, come condizione di esaurimento nervoso, caratterizzato da una stanchezza inspiegabile, sia fisica che mentale, anche dopo minimi sforzi, alla quale erano associati sintomi variegati, quali mal di testa, disturbi gastroenterici e disturbi soggettivi di ogni tipo. I medici del tempo consideravano la neurastenia come grave ed allarmante: era il prezzo da pagare per l’industrializzazione ed il conseguente carico di lavoro cui le nuove classi professionali erano sottoposte. Successivamente, il problema perse interesse in quanto patologia non risultava in alcun modo curabile, e questa definizione venne riservata a forme pseudo depressive e comunque nell’ambito psichiatrico. Anche le prime descrizioni di neurastenia, comunque, facevano riferimento ad una malattia febbrile, di natura infettiva.
Nel XX secolo, inoltre, sono state segnalate una gran quantità di epidemie inspiegabili, di supposta natura infettiva, che hanno sempre dato origine ad una forma cronica post-infettiva del tutto sovrapponibile a quella che oggi chiamiamo CFS, e che talvolta ha preso il nome di “disease of a thousand names”, poiché ad ognuna di queste descrizioni seguirono nomi e definizioni differenti. Per segnalarne alcune delle più famose: nel 1934 a Los Angeles, alla fine degli anni trenta in Svizzera e in Inghilterra (tutte e tre all’interno di ospedali), nel 1948 nella città di Akureiri, Islanda, e nello stesso anno ad Adelaide, Australia; nel 1950 a New York e nel 1955 a Londra (la famosa epidemia del Royal Free Hospital).
Da circa un decennio la CFS sta attraendo l’attenzione del mondo scientifico un po’ ovunque, in particolare nel Nord dell’Europa, negli Stati Uniti, in Australia ed in Giappone. Oggi circa 200-300 pubblicazioni scientifiche sulle riviste mediche internazionali riguardano, ogni anno, la CFS.
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